Come usare microtargeting e big data per gestire campagne di dissuasione al voto e aumentare l’astensione elettorale
Per motivi storici o culturali ci sono circostanze in cui un partito politico sa che non riuscirebbe mai a convincere una determinata tipologia di elettori a votarlo. In questo frangente, la strategia più efficace è quella di dissuadere questi elettori dal votare, ossia aumentare l’astensione elettorale. In altre parole in questi casi l’obiettivo di un partito non è più solo quello di farsi votare, ma può diventare anche quello di assicurarsi che i potenziali sostenitori del partito rivale decidano di non andare a votare.
Un esempio concreto di questo tipo di strategia ci viene offerto dal voto in Florida durante le elezioni presidenziali americane del 2016. In quella circostanza il team di Donald Trump era assolutamente consapevole che per vincere le elezioni non era sufficiente una strategia che mirasse a convincere gli elettori a votare per lui. Occorreva una strategia più articolata. Esisteva infatti un blocco significativo di elettori che, per quanto fossero poco entusiasti di votare Hillary Clinton, non avrebbe mai votato Trump. Per questo l’obiettivo doveva diventare quello di assicurarsi che questi elettori “tiepidi” non si presentassero alle urne.
Una strategia di questo tipo può essere definita come strategia dissuasiva.
Per realizzare una strategia dissuasiva l’utilizzo dei big data è fondamentale. Una campagna basata sui big data può infatti prendere di mira una specifica comunità di persone avente determinate caratteristiche socio-economiche e di presenza in una determinata zona geografica, andando ulteriormente poi a raffinare i target in base ad attributi di maggiore dettaglio (microtargeting). Nel caso delle elezioni in Florida, furono l’algoritmo di analisi di Facebook e i suoi dati a offrire questa possibilità.
Quali dati e quali algoritmi occorrono per realizzare una strategia di dissuasione?
L’analisi dei dati personali dei potenziali elettori può basarsi sulle seguenti tipologie di dato:
- i contenuti scritti e le azioni effettuate dai singoli utenti su Facebook
- gli acquisti effettuati con carte di credito
- gli enti di beneficenza e le tematiche non profit supportate dagli utenti
- in generale i dati sulle loro preferenze che possano identificare i tratti salienti della loro personalità.
Un’operazione di dissuasione è una classica campagna negativa o di deterrenza.
Selezionare elettori su cui realizzare una campagna di deterrenza significa innanzitutto identificarli, grazie all’analisi dei dati, e quindi veicolare verso di loro contenuti fuorvianti tramite il microtargeting. Questi contenuti possono essere pubblicità, notizie o semplici post social scritti appositamente per incrinare la loro fiducia nei confronti del candidato da danneggiare.
La costruzione del modello di apprendimento automatico di un algoritmo di machine learning per fini politici ha lo scopo di identificare il maggior numero possibile di persone sui quali agire. Un algoritmo di questo tipo va a identificare categorie specifiche sui quali l’efficacia dell’azione può essere maggiore rispetto ad altre.
Anche puntare ad una precisa zona geografica è molto importante. Per questo tipicamente i budget pubblicitari devono essere distribuiti in modo differenziato per ogni zona geografica e non in modo omogeneo tra di loro.
Per esempio, dietro la campagna di deterrenza delle presidenziali USA del 2016 operò Cambridge Analytica. Cambridge Analytica era una società britannica di analisi politica che riuscì ad archiviare illecitamente dati su quasi 90 milioni di utenti Facebook. La tattica di Cambridge Analytica fu realizzare operazioni di deterrenza su questi elettori al fine di scoraggiarli dall’esprimere il proprio voto.
Per questo, nonostante l’attenzione ai big data venga rivolta soprattutto per conquistare sostenitori, è proprio una campagna di deterrenza che invece può risultare molto più efficace. In fondo questa strategia digitale è associabile a metodi antichi di dirottamento del voto come ad esempio la costruzione di collegi elettorali per favorire un partito o la stessa indicazione della data di voto.
Il microtargeting e la classificazione degli elettori
Oltre ai dati del web, anche i dati dei sondaggi sono utili per la costruzione di un algoritmo efficace di machine learning e per le sue azioni mirate di microtargeting.
Algoritmi di questo tipo consentono di segmentare i dati raccolti e sviluppare categorie differenziate di profili su cui effettuare azioni diversificate.
Classificazioni tipicamente costruibili sono le seguenti:
- i sostenitori della propria parte politica
- i sostenitori del partito avversario
- i sostenitori della propria parte politica da motivare ulteriormente
- gli elettori dubbiosi da convincere
- i sostenitori del partito avversario da demotivare
- gli elettori apatici senza chiare preferenze politiche.
Questa profilazione per categorie è indispensabile per costruire campagne diversificate di microtargeting con tipi diversi di annunci per obiettivi diversi: per attirare gli elettori, per convincerli a recarsi alle urne o, al contrario, per aumentare l’astensione.
Quali contenuti: video, pubblicità, notizie, meme e post fantasma
Nella costruzione degli annunci pubblicitari, i video rivestono un ruolo molto importante. I video devono essere costruiti con i tempi e le scene più adatte a promuovere un messaggio semplice.
Le pubblicità politiche costituiscono ormai una fonte importante delle entrate pubblicitarie. La natura divisiva dei social media si presta particolarmente per le pubblicità politiche che devono dividere e contrapporre tipi di pubblico diversi.
L’efficacia di una campagna di deterrenza può essere misurata anche prima di conoscere i risultati del voto. Questo perché gli stessi dati di affluenza alle urne possono essere indicativi del successo. In particolare, osservando la diminuzione del voto nei collegi dove si è agito con le campagne di deterrenza, si capisce se queste hanno portato i risultati cercati.
Nell’era digitale una campagna di deterrenza si realizza con annunci disinformativi per mettere in dubbio la reputazione dei candidati. Al fine di scoraggiare gli elettori, i post e le pubblicità possono contenere informazioni false, ma anche vere. L’importante è che i contenuti promossi possano agire su quello specifico pubblico in modo da sfiduciarlo.
La strategia può essere sintetizzata in una frase: Se invii abbastanza messaggi negativi, gli elettori “tiepidi” potrebbero non andare a votare.
Altro tipo di contenuti da sfruttare sono i meme, utilissimi per la loro capacità di diventare virali grazie alla condivisione di altri utenti. Utenti che possono essere influencer orientati politicamente o anche bot costruiti per fingersi sostenitori umani.
Una tipologia di annunci pubblicitari particolarmente usata è poi quella dei cosiddetti “post fantasma“. I post fantasma sono post che non vengono pubblicati all’interno di una pagina Facebook ma sono pubblicati esclusivamente come pubblicità, visibile da piccoli gruppi di elettori. Si dicono post fantasma perché, non essendo visibili in modo permanente su una pagina Facebook, al termine della promozione scompaiono per sempre. Questo ha l’enorme vantaggio che diventa quasi impossibile sapere quali post sono stati utilizzati per influenzare il comportamento degli elettori.
Come già scritto in altri articoli, la campagna elettorale di Trump è particolarmente attiva nel microtargeting. Per comprenderlo in modo chiaro è sufficiente osservare il numero di inserzioni pubblicate da entrambi i candidati (fonte: WhoTargetsMe).
Dai partiti politici ai proprietari delle piattaforme Big Tech
Questa evoluzione dei media digitali è ormai ben delineata.
Oggi i media digitali vengono usati dai partiti politici, domani potrebbero essere sfruttati, con fini politici, dagli stessi proprietari delle piattaforme tecnologiche. Tutto questo non sarebbe neanche una novità assoluta perché somiglierebbe molto a quanto già realizzato negli anni passati dai proprietari di network televisivi (basterebbe pensare al caso italiano con Silvio Berlusconi).
Leggi gli altri articoli su Algoritmi e Big Data pubblicati su Affari Politici.
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