Cosa significa infodemia e perché si è sviluppata in relazione alla pandemia. Quali tecniche vengono usate e che ruolo hanno le teorie complottiste.
Il termine infodemia proviene dall’inglese infodemic, composto dai sostantivi info(rmation) (‘informazione’) ed (epi)demic (‘epidemia’). La parola infodemia fu utilizzata probabilmente per la prima volta da David J. Rothkopf, professore della Columbia University, sul quotidiano Washington Post nel suo articolo When the Buzz Bites Back dell’11 maggio 2003.
Secondo la Treccani, infodemia è la “circolazione di una quantità eccessiva di informazioni, talvolta non vagliate con accuratezza, che rendono difficile orientarsi su un determinato argomento per la difficoltà di individuare fonti affidabili.”
In tempi recenti la parola infodemia è stata usata ripetutamente anche in documenti ufficiali dell’Organizzazione mondiale della Sanità (World Health Organization – WHO) con riferimento all’infodemia delle fake-news.
Proprio come una pandemia, un’infodemia può essere mitigata praticando una forma di igiene digitale con l’utilizzo di un sano scetticismo e verificando le fonti.
Come un virus e come lo stesso COVID-19, le informazioni possono mutare ed evolvere ed essere diffuse in modo “virale” da super-diffusori. Questi super-diffusori condividono alcune caratteristiche con gli influencer che promuovono prodotti commerciali e nuove mode. Come loro, infatti, i super-diffusori della disinformazione utilizzano i media digitali per amplificare voci e notizie che sono rapidamente riprese da utenti ignari.
Un’infodemia può diffondersi senza controllo quando questi influencer e il pubblico non effettuano alcun tipo di verifica sul contenuto delle informazioni che li raggiungono.
Infodemia, teorie complottiste e tecniche usate da Russia, Cina e Iran
Durante questa particolare infodemia legata alla pandemia, Russia, Cina e Iran hanno utilizzato tecniche note della loro propaganda tradizionale, sfruttando la loro infrastruttura di media statali già esistente. L’obiettivo è quello di promuovere narrazioni che mettano in evidenza l’efficenza della gestione della crisi nei loro Paesi, denigrando invece le azioni degli avversari occidentali.
Oltre che con gli strumenti tradizionali di propaganda, queste tecniche sono utilizzate anche in operazioni di influenza digitale.
Nel caso specifico della disinformazione legata alla pandemia, le azioni per “dirottare” la narrativa sono state eseguite in modo non centralizzato, ossia senza un singolo attore che controllasse la narrativa. Per questo motivo molte delle informazioni veicolate sono apparse occasionalmente incoerenti e persino contraddittorie. Si è visto inoltre come alcune teorie complottiste diffuse da siti web di “controinformazione” e da alcuni politici sono state riutilizzate e cavalcate, probabilmente per una scelta di praticità rispetto alla creazione ex-novo di una diversa linea narrativa.
L’amplificazione di teorie complottiste esistenti è infatti un modo efficace ed economico utilizzato dagli Stati per favorire i propri obiettivi geopolitici, in quanto non è necessario creare materiale nuovo e investire eccessive risorse nella diffusione.
Inoltre, se una teoria della cospirazione si sta già diffondendo organicamente, è garanzia di efficacia perché ha determinate caratteristiche di successo nella manipolazione del racconto.
Proprio la proliferazione di vari filoni delle teorie del complotto COVID-19, spesso
contraddittori, riflettono la natura caotica tipica dell’infodemia.
All’inizio della pandemia, quando il virus era ancora poco noto, media statali russi, cinesi e iraniani avevano già iniziato ad impostare la narrazione del successo delle loro iniziative di contrasto al virus. Al contrario in Occidente, e in particolare negli Stati Uniti, esistevano già fiorenti comunità complottiste, come quella di QAnon, che hanno alimentato la disinformazione legata al coronavirus. Lo stesso ex presidente Donald Trump e altre figure politiche e influencer dei social media hanno cavalcato questa onda e, indipendentemente dalle motivazioni alla base di queste narrazioni, hanno reso più difficile lo sviluppo della fiducia nelle organizzazioni sanitarie interne.
Messaggi istituzionali e di governo contraddittori si sono aggiunti poi al rumore globale delle notizie e hanno creato ulteriore confusione. In questo modo l’infodemia si è potuta sviluppare di pari passo alla diffusione del virus.
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