Cos’è il microtargeting e perché Trump lo sta usando meglio di Biden
Il microtargeting, spesso utilizzato dai partiti politici durante le campagne elettorali, consiste nell’uso di tecniche di data mining e di segmentazione predittiva del mercato (analisi dei cluster). Il microtargeting può essere utilizzato per identificare e tracciare i singoli elettori o gruppi ristretti di elettori ed è particolarmente efficace per identificare i potenziali sostenitori.
Le tattiche del microtargeting si basano sulla trasmissione di un messaggio costruito su misura per un preciso sottogruppo dell’elettorato, identificato grazie alle informazioni specifiche di quel sottogruppo (demografici, per interessi, ecc.).

Targeting e microtargeting
Il microtargeting è particolarmente efficace se si riescono ad utilizzare i big data che i social network possiedono sugli utenti (dalla zona in cui vivono alla loro tendenza politica passando per i prodotti che acquistano e molto altro ancora). Il tutto è finalizzato ad un obiettivo preciso: generare l’annuncio perfetto, ovvero quello più efficace per “ingaggiare” il potenziale elettore.
Il termine “microtargeting” fu coniato nel 2002 dal consulente politico Alexander P. Gage. Alexander Gage, CEO di TargetPoint, usò la parola microtargeting per descrivere il processo che aveva modellato basandosi sull’approccio tenuto per le pubblicità del mondo aziendale.
Il microtargeting durante le elezioni presidenziali USA 2020
Nonostante sia stato Barack Obama ad utilizzare con successo le tecniche di segmentazione insieme ai big data del web (How President Obama’s campaign used big data to rally individual voters), per le elezioni presidenziali del 2020 è Trump che appare più abile nell’utilizzare il microtargeting. D’altronde Trump fu il più abile nel farlo già nelle elezioni del 2016.
La maggiore capacità di usare il microtargeting emerge da un’analisi realizzata da Bloomberg.
Finora, infatti, in questa campagna Trump sta usando Facebook con grande versatilità ponendosi obiettivi diversificati:
- per raccogliere fondi
- per amplificare il suo messaggio
- per mobilitare gli elettori.
Se guardiamo invece a cosa sta facendo il team dell’avversario, Joe Biden, sembra che l’obiettivo principale delle inserzioni pubblicitarie sia quello di raccogliere fondi per la campagna elettorale.
Come già nel 2016, Trump sta invece sfruttando molto le potenzialità di targeting di Facebook per indirizzare annunci specifici a persone specifiche. Tutto questo grazie alla conoscenza granulare che Facebook possiede sugli interessi dei suoi utenti.
A quanto risulta dall’analisi, Trump sta usando le possibilità del microtargeting, punto di forza di Facebook, per identificare i potenziali interessati ai suoi temi, raccoglierli in cluster per rafforzare la base di potenziali elettori e, infine, motivarli con continuità.
Non è solo una questione di soldi
Da quando ha avviato la sua campagna elettorale (aprile 2019), Biden ha speso 21 milioni di dollari in pubblicità su Facebook rispetto ai 33 milioni spesi da Trump nello stesso periodo (fonte: Center for Responsive Politics).
Tuttavia non è solo questione di soldi spesi, ma anche di come vengono spesi.
Utilizzando correttamente le tecniche di microtargeting per le pubblicità politiche, gruppi di utenti possono essere scelti come target in base a una grande varietà di informazioni, come, ad esempio, la cronologia delle ricerche e i loro spostamenti sul territorio.
Altro aspetto da considerare, fondamentale per le pubblicità sul web, è che le pubblicità possono essere modificate rapidamente in modo da renderle più efficaci adattandole sulla base dei risultati raggiunti.
Dall’analisi fatta da Bloomberg emerge che i responsabili della campagna di Trump eseguono costantemente test sui suoi annunci e apportano quotidianamente piccole modifiche in base ai risultati.
La differenza di metodo è notevole. Per esempio, guardando una singola giornata di luglio, il team di Biden aveva acquistato circa 23.000 annunci pubblicitari su Facebook mentre, nello stesso periodo, Trump ne aveva acquistati oltre 489.000, ovvero più di 20 volte rispetto all’avversario.
Già osservando questi due numeri si comprende come l’approccio del team di Trump sia completamente diverso. Trump crea cluster di target molto più mirati rispetto a quelli di Biden. Infatti, sempre secondo l’analisi Bloomberg sui dati resi disponibili da Facebook, circa il 68% degli annunci del presidente viene visto meno di 1.000 volte rispetto al 34% di Biden. Questo significa che il microtargeting delle pubblicità di Trump è molto più specifico rispetto a Biden.
Come visto, la campagna di Biden è focalizzata sulla raccolta di fondi. Oltre alla raccolta fondi, il principale obiettivo sembra essere l’attacco di Trump. Tuttavia finora non ha sfruttato a fondo Facebook per diversificare il suo messaggio o mobilitare i sostenitori. Ad oggi hanno prevalso gli appelli per firmare petizioni, obiettivo che serve a costruire un database di contatti e-mail da sfruttare soprattutto per le donazioni.
Un altro aspetto che sembra essere a favore di Trump è che l’algoritmo di Facebook è particolarmente efficace nell’individuare le persone che andranno ad interagire con una specifica pubblicità, cliccando e commentando.
Ed è cosa nota che questo avviene molto facilmente nei casi in cui un argomento riesca a toccare temi sensibili per l’utente.
Quali sono le parole più usate da Trump nelle pubblicità su Facebook
Le pubblicità di Trump su Facebook riflettono la retorica e i temi usati dal presidente americano, pertanto tra i termini più usati abbiamo:
- “impeachment”
- “bogus” (falso)
- “witch hunt” (caccia alle streghe)
- “fake news”.
Ci sono poi ,le narrative ormai classiche della campagna di Trump come “build the wall” (costruire il muro) e “drain the swamp” (drenare la palude).
Altri termini, infine, sono più legati all’attualità, tra questi quelli contro il movimento Antifa o contro la campagna BLM di “defund the police” (togliere fondi alla polizia”.
I vincoli di Big Tech all’uso dei big data per fini politici
Twitter ha bandito del tutto gli annunci per le presidenziali USA 2020. Twitter ha dichiarato di averlo fatto a causa della possibilità che gli annunci pubblicitari diffondessero fake news, mentre Google ha modificato le sue policy per mirare ad inserzioni politiche più generaliste come quelle trasmesse in televisione e radio.
Nei giorni scorsi si è parlato più volte della possibilità che Facebook possa vietare le pubblicità politiche prima delle elezioni.
Per ora questo però non è avvenuto e i candidati possono continuare tranquillamente a “targettizzare” gli elettori usando i big data di Facebook.
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